mercoledì 23 marzo 2011

Wondering about Waste.

Sarà stato un paio di anni fa. Era autunno e di questo sono certo perchè era quella stagione dell'anno in cui di solito sono affascinato da tutto ed interessato a niente. Presi la macchina mosso da un profondissimo desiderio di lasciare molta strada tra me e ciò che era appena successo; cosa che sarà forse argomento di un prossimo post, ma non stasera. Sono stato sempre convinto che le domande si rivolgono al Nord e che le risposte le si trovano andando a Sud. Così è a Sud che mi diressi.

Paesini dimenticati da Dio e dagli uomini andavano rincorrendosi in un mare di stradine contornate da niente. Non so per quanto continuò questo appello di nomi mai sentiti, ricordo tuttavia che mi ripresi dal mio trans automobilistico quando lessi un nome che tra mille mi era familiare "Salve". Non ricordai al momento il perchè ricordavo quel nome, eppure mi ci addentrai spinto da qualcosa di decisamente più intenso dell'arancione di una spia dispettosa, che come sulla porta di un prossimo inferno recitava "Richiesto immediato rifornimento". In breve la richiesta fu ratificata e dopo aver rimesso al suo posto un erogatore siffrediano pensai che era il caso di far rotta verso casa. Ero quasi uscito dal paese quando vidi un cartello diceva, lasciando ben poche speranze "Cimitero". Come si era spenta la spia alla sinistra del mio tachimetro, così un'altra ben più luminosa mi si era accesa dietro gli occhi. Ero nel paese dove erano sepolti i miei nonni paterni. Non ci venivo da anni... Una visita mi pareva ovvia più che doverosa. Ciò che mi ha sempre colpito di quel luogo era il rumore. Sin da bambino mi rendevo conto della contraddizione messa in luce dal contrasto tra il silenzio degli uomini e delle donne in abiti scuri e del fracasso delle gazze, dei passeri e delle allodole che abitavano, per nulla pacatamente, il boschetto contiguo. La cappella dove sono seppelliti è poco distante dall'ingresso, così mi ci diressi e fu lì che ebbi come una folgorazione. Una donna dal volto tuttora per me ignoto portava dentro un edificio simile ad una minuta cattedrale un mazzo di fiori che avrebbe fatto impallidire Versailles. Rose ne erano il cuore, multiformi per età e sbocciatura, ed intanto lunghe calle le tenevano in grembo... Asfodeli di un giallo vivo si intrecciavano in una corona esterna e tra i loro rametti altri vivaci colori spuntavano timidamente nella figura di minutissimi fiorellini di campagna. Non era tanto la complessità della composizione a sorprendermi, quanto più la dimensione della stessa. E fu lì che pensai: "Quante vite puo' valere una morte?".
Ora, so che in senso stretto non si può parlare di morte di una pianta solo recidendo un fiore, sarebbe come pensare di uccidere un uomo tagliandogli il cazzo... Il problema è che abbiamo destinato ad una fine anticipata qualcosa che poteva regalare al mondo bellezza, profumo, essenza ed in particolare colore. Perchè lo facciamo? Cerchiamo di redimere la finitezza della carne alimentandone il tempo ancora da trascorrere con dei sacrifici? Qui non si tratta di sacrificio per la vita... Comprendo che per sopravvivere dobbiamo uccidere, sempre. Qui non si tratta di essere onnivori, frugivori, pescetariani, carnivori, vegani o rompicoglioni in genere, qui si tratta di sottrarre al mondo una delle manifestazioni più pure ed immediate della sua magnificenza per sacrificarla "alla memoria" di qualcuno. E che cazzo vuol dire? Sarebbe come dire "Ok, sono morto e non posso più scopare, quindi quando vedete delle cazzo di piante pronte a farsi fottere da delle api recidetegli i genitali, cortesemente". Sarà che proprio non ci arrivo... Ripeto, quello che mi lascia stranito e pieno di interrogativi è che qui non stiamo sacrificando la vita o una parte di un organismo vivente per la prosecuzione della sua sopravvivenza, ci può anche stare il sacrificio finalizzato all'esaltazione della vita e della bellezza, omaggiando qualcuno IN VITA con questo sacrificio stesso (Vedasi: "San Valentino, o come imparai a non preoccuparmi e ad amare le cartoline da auguri"), qui si parla di sacrificare una, dieci, mille vite alla morte. E se anche ci fosse un modo di ingraziarsela la cosa sarebbe giustificata, oppure... Oppure... Oppure, forse, la bellezza a questo mondo è troppo poca per concentrarne così tanta in vasti campi sterminati, in paradisi floreali di pura emozione... Forse è poca, e ce ne è bisogno in particolare in quei luoghi... E con essa andiamo ricordanto il retaggio di ciò che senza un po' di bellezza sarebbe solo una serie di lettere e due date ormai, non per noi forse... Ma per gli altri di certo.
Ah, se solo fossimo democratici.

1 commento:

  1. "Quante vite puo' valere una morte?" una grande domanda, andrò al sud per cercare una risposta..

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